Facilmente raggiungibile da Roma e Firenze attraverso l’Autostrada del Sole e la Cassia, Celle sul Rigo,
l’ultima domenica di maggio (ma si inizia il sabato sera), si popola di visitatori amanti della cucina semplice e genuina.
Sono i “pici”, la pasta povera di una volta fatta a mano, conditi con il “sugo all’aglione”,
o con il ragù di carne, i protagonisti della giornata. L’appuntamento in piazza con la “Sagra dei Pici
di Celle” che si ripete ogni anno dal ’70, vede la partecipazione di tutto il paese che lavora gratis
per giorni e giorni. Le donne prima di tutto che preparano, secondo le ricette della tradizione, i sughi e la pasta che viene stesa rigorosamente a mano.
Situato alle estreme propaggini del territorio toscano, ai confini con il Lazio e l’Umbria, là dove i vigneti
e i boschi improvvisamente diradano cedendo il posto alle crete e ai calanchi inframmezzati da viali di cipressi e
il paesaggio si allarga verso l’Amiata, Radicofani e il Monte di Cetona, Celle, costituiva nel Medio
Evo l’ultimo baluardo della Repubblica di Siena verso Orvieto e la Valle del Paglia e in età moderna
la zona di confine fra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana.
A Centeno, poco lontano sull’antica via
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Francigena, c’è ancora l’edificio della dogana fra i due stati.
Forse di origine etrusca, in passato dissodando i campi sono stati trovati molti reperti, romano per l’impianto
urbanistico con strade larghe e dritte che s’intersecano ad angolo retto, l’antico “Castrum de Cellis”
citato in un diploma concesso da Ludovico il Bavaro ai conti di Marsciano, conserva della sua storia antica segni ancora
visibili. La torre medievale, ora campanile, i torrini inglobati nelle case, una fattoria cinquecentesca, chiese e
palazzetti con portali in travertino e stemmi araldici che testimoniano di antichi fasti. Al centro del paese un
edificio, probabilmente il Palazzo del Pretorio, ha sul portale una mano scolpita con l’indice alzato a indicare il comando.
Ma ciò che distingue Celle dai tanti piccoli paesi della Toscana “minore” è l’ essere rimasto
fermo nel tempo, fuori dalle rotte del turismo e dello sviluppo.
La mancanza di insediamenti industriali e di grossi centri commerciali, avvertita come un limite e causa negli
anni Sessanta dello spopolamento delle
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campagne e della fuga della popolazione verso le città, Roma soprattutto, rappresenta oggi la sua fortuna. E’ quell’aura
incontaminata, quella bellezza senza orpelli, la natura severa che circonda il borgo a perdita d’occhio, la persistenza
di tradizioni antiche (processioni, fiorate, giochi, dolci per ogni festa), e l’ospitalità della gente che vive con la
chiave nella serratura, a costituire il valore aggiunto tanto apprezzato dai turisti italiani e stranieri (tedeschi, belgi,
americani, olandesi), che popolano le sue case sparse nella campagna. Il frutto maturo di un agriturismo scoperto una
ventina d’anni fa da un gruppo di ragazze piene d’idee e rilanciato negli ultimi tempi dall’interesse
che suscita una zona come questa rimasta vergine e ricca di bellezze paesaggistiche e monumentali. Vicinissimi San
Casciano dei Bagni con le sue terme e Radicofani con la Rocca di Ghino di Tacco. E poco più lontano Abbadia San Salvatore,
Chiusi, Città della Pieve, Montepulciano, Pienza.
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